Cyle è l’unico Albyano in vita a sapere chi c’è dietro lo stato di Sonno in cui sono cadute le loro femmine: suo padre. Da quando ha scoperto la verità, ha iniziato a cercare un modo per risvegliarle.
Ha giurato a se stesso che non avrebbe mai accettato una compagna finché non ci fosse riuscito. Ma la sua determinazione inizia a vacillare quando incontra la femmina dei suoi sogni e il suo istinto di accoppiamento si scatena.
L’unico modo per evitare di distrarsi è allontanarla, ma lei non ha alcuna intenzione di andarsene.
Prima del suo incidente, Beth aveva tutto ciò che aveva sempre desiderato: un marito affettuoso, la casa dei suoi sogni, una carriera promettente. Ora è una vedova con cicatrici nel corpo e nell’anima, disoccupata e sul punto di essere cacciata di casa.
Si è iscritta a un’agenzia di appuntamenti solo perché il suo terapeuta ha pensato che fosse una buona idea. Non si aspettava di essere abbinata a un Highlander in kilt, per non parlare del fatto che quest’ultimo sia un alieno. Lui incarna la possibilità di una nuova vita, ma non sembra interessato a lei.
È il momento di ingannare il destino e prendere in mano la sua vita. Lui diventerà il suo compagno, a costo di dover ricorrere a misure insolite.
Ero in anticipo, così come i forestieri. Non che sembrassero molto stranieri. La loro stazza era l’unica cosa che li distingueva, be’, oltre al kilt. Tutti e tre ne indossavano uno. Mi chiesi se…
No. Distolsi lo sguardo dai loro inguini e mi concentrai sul resto del loro corpo. Avevano tutti i capelli rossi, ancora più focosi dei miei. Due degli uomini sembravano essere fratelli, con un aspetto quasi identico, mentre l’altro aveva gli occhi blu anziché smeraldo. Mi resi conto che il colore dei loro kilt era in pendant con i loro occhi. Era solo una coincidenza? Qui in Scozia, ogni tartan rappresentava un clan specifico. Era lo stesso per loro? Appartenevano a due clan o forse a due famiglie diverse?
Avevo così tante domande. La principale: erano tutti così belli?
L’area della reception sembrava molto più piccola occupata da questi tre maschi imponenti. Steff sembrava minuscola dietro la sua scrivania e fissava gli uomini con occhi spalancati. Non potevo biasimarla. Dovetti serrare le labbra per evitare di sbavare io stessa.
«Buongiorno», dissi e improvvisamente fui al centro dell’attenzione. Tutti e tre mi fissarono come se non avessero mai visto una donna prima. Abbassai lo sguardo su di me. C’era una macchia sulla mia camicetta? Ero venuta vestita con il mio abito professionale più elegante, per fare colpo. La camicetta color avorio mostrava una piccola scollatura, evidenziando le mie curve senza essere troppo stretta. La mia gonna era lunga più o meno come i loro kilt e sì, aveva un tenue motivo tartan. Soppressi un lamento. In pratica, ero vestita come loro. Le loro camicie erano bianche, quasi uguali alla mia. La mia gonna forse non era così colorata come le loro, ma…
«Entrate pure, perdonatemi per l’attesa».
Pam mi salvò, aprendo la porta del suo ufficio. Sgranò gli occhi alla vista dei suoi ospiti. Steff ridacchiò sottovoce e io le feci un sorriso. A quanto pare, non eravamo le uniche a subire il loro effetto.
Fece qualche passo indietro, dando agli uomini la possibilità di accedere al suo ufficio. Ieri era sembrata una stanza ampia e ariosa. Oggi era l’opposto. Le sedie parevano troppo piccole per gli stranieri e temevo che sarebbero crollate da un momento all’altro sotto la loro stazza.
«Posso offrirvi del tè? O del caffè, magari?», chiese Steff.
«Del tè», dissero gli uomini all’unisono.
«Con un goccio di latte», aggiunse quello con il kilt blu, sembrando stranamente orgoglioso delle sue parole. Mhm. Strano. Il suo accento era appena percettibile e probabilmente non avrei potuto scambiarlo per un cittadino di Glasgow se lo avessi incontrato per strada. Era strano che avessero un accento scozzese anche se venivano dall’estero.
«E per lei?», mi domandò Steff.
«La stessa cosa. Grazie».
Pam si era seduta dietro la sua scrivania, mettendo una certa distanza di sicurezza tra lei e i maschi. Io non avevo questa possibilità. Allontanai leggermente da loro la sedia rimasta vuota, non perché fossi spaventata o intimidita, ma perché non ero sicura di riuscire a non sbavargli addosso. Non avevo mai avuto una reazione così nei confronti di un uomo da quando, da adolescente, mi ero innamorata di Leonardo DiCaprio. Era imbarazzante. Sciocco. Immaturo. E sicuramente non professionale.
Mi resi conto di non essermi nemmeno presentata. Era ora di recuperare le formalità mancate e sperare di non aver fatto una brutta figura.
«Sono Jenny MacPherson, proprietaria dell’agenzia di marketing Publicity Puffin», dissi così velocemente che la mia lingua quasi non riuscì a tenere il passo. «Sto aiutando Pam con una campagna pubblicitaria per far iscrivere più donne. Ieri mi ha parlato della vostra collaborazione e non vedo l’ora di saperne di più su quello che avete in mente. Avete un vostro team di marketing?».
Le mie parole furono accolte dal silenzio.
«Marketing?», chiese il più grande di loro, apparentemente confuso. I suoi capelli erano acconciati in una treccia elaborata. Io stessa non avevo mai fatto nulla del genere con i miei.
Suo fratello gli diede una gomitata nelle costole e io non riuscii a trattenere un sorriso. Era esattamente così che io ed Ewan ci comportavamo. Non avevo più dubbi che fossero fratelli.
«No. Non abbiamo bisogno di pubblicità perché siamo pieni di maschi alla disperata ricerca di compagne».
«Compagne?», ripeté Pam. «È così che le chiamate nella vostra agenzia? Lo adoro. Fa pensare al vero amore, all’anima gemella, alla persona giusta. Jenny, forse dovremmo includerlo nella nostra campagna».
Annuii e tirai fuori il mio taccuino, usando il braccio ingessato come tavolo. Altre persone avrebbero forse preferito un computer portatile o un tablet, ma io ero all’antica, per certi versi.
«Come chiamate le vostre femmine?», chiese Occhi Blu. Non si erano ancora presentati.
«Di solito diciamo lady», rispose Pam. «Anche se, considerando l’ottica scozzese per la campagna, forse dovremmo passare a lassie? Jenny, che ne pensi?».
«Lassie», disse il tipo più grande lentamente, come se stesse assaporando la parola. «Mi piace».
Spostò lo sguardo su di me e i nostri occhi si incontrarono. Una palla di fuoco mi scoppiò tra le gambe e strinsi le cosce prima ancora di rendermi conto di quello che stavo facendo. Ma che cazzo? Sbattei le palpebre e distolsi lo sguardo, sentendo le guance incendiarsi. Non stava andando bene. Forse mi stava venendo il ciclo. Oppure ero incinta. Era da un po’ che non facevo il test di gravidanza. Alcune notti, quando era molto ubriaco, Jason si rifiutava di usare il preservativo. Non potevo prendere la pillola perché la prima volta che l’avevo provata mi era venuto l’ittero. La possibilità di essere incinta c’era, ma non avevo altri sintomi. Questa reazione ormonale a quegli sconosciuti era arrivata all’improvviso. Forse non era nulla.
Per fortuna Steff tornò con un vassoio. Mentre versava il tè per tutti noi, osservai Pam. Il suo sguardo era fisso sugli uomini, li percorreva con un interesse appena velato. Sul mio volto si leggeva la stessa lussuria? Forse ero anche peggio. Pam era sposata. Non che il matrimonio impedisse di apprezzare questi esemplari di prim’ordine, seppure mantenendo la distanza.
Mi chiesi se fossero così muscolosi come sembrava anche sotto i vestiti. Avevano mandato di proposito i loro tre ragazzi più belli per assicurarsi che Pam firmasse il contratto di collaborazione con loro? Dovevo assolutamente chiedere loro di partecipare al servizio fotografico. Saremmo – no, Pam sarebbe stata inondata di donne desiderose di avere il loro Highlander sexy.
«Grazie, lassie», disse Muscoli Giganti quando Steff gli porse una tazza di tè. Il sorriso che le rivolse mi fece quasi ingelosire.
Appena tornata a casa, avrei fatto un test di gravidanza. I miei ormoni erano in subbuglio.
Steff arrossì e si ritirò nell’area della reception, chiudendosi la porta alle spalle.
«Quante donne attirerà questa campagna di marketing?» chiese Occhi Blu.
«Se puntiamo sul kilt, centinaia», rispose Pam.
«Migliaia», mormorai sottovoce. Se avessero tutti l’aspetto dei tre uomini in questa stanza, la Scozia sarebbe presto rimasta senza donne.
«Migliaia?», fece eco il fratello di Muscoli Giganti. «Ci piacerebbe molto».
Questa storia dei soprannomi stava diventando stancante. «Scusate, non ho capito i vostri nomi».
Alle loro spalle, Pam mi fece un pollice in su.
«Sono mortificato», disse Occhi Blu. «Di solito abbiamo maniere migliori. Mi chiamo Jafar del Clan Feallan, Secondo Scienziato di Albya».
«E io sono Cyle del Clan Lannadh, Primo Scienziato di Albya. Questo è mio fratello Thorrn».
Thorrn. L’omone con la treccia si chiamava Thorrn. Che strano nome. Volevo dirlo ad alta voce, per vedere come suonava nella mia bocca.
Notai che Cyle non aveva specificato la professione del fratello. E perché erano scienziati? Pensavo gestissero un’agenzia di appuntamenti.
«Albya è la vostra città?», domandò Pam, togliendomi le parole di bocca.
Non potei fare a meno di notare il rapido sguardo che i tre ragazzi si scambiarono.
«È da lì che veniamo, sì», rispose Cyle dopo un attimo di pausa. «Jafar e io abbiamo sviluppato un nuovo modo di accoppiare i compagni, quindi, pur essendo scienziati fino al midollo, abbiamo assunto l’onore di lavorare con la vostra agenzia».
Ah, questo spiegava tutto. Scienziati che trasformano la loro scoperta in un’attività commerciale. Non era una cosa inaudita, lo facevano in molti.
«Incontrate di persona i vostri candidati o fate tutto online?», chiese Pam. «E come funzionano i vostri metodi scientifici? Li avevate menzionati durante le nostre conversazioni precedenti, ma mi piacerebbe avere qualche dettaglio in più. Forse possiamo applicare gli stessi metodi alla mia agenzia».
Cyle sorrise. «Sarei felice di presentarle il nostro approccio. Forse dovremmo usare un esempio reale per una dimostrazione? Una femmina del vostro database e un maschio del nostro?».
«Ottima idea. Mentre facciamo questa prova, forse uno di voi vorrebbe discutere i piani di marketing con Jenny?».
«Io», disse subito Thorrn. La sua voce profonda e roca mi fece contorcere di nuovo sulla sedia. Ma che diavolo di problema avevo?
«Ne sei-», iniziò suo fratello, ma Thorrn gli lanciò un’occhiata che lo zittì. Sorrisi. Sì, erano esattamente come me ed Ewan. Avrei scommesso che la loro infanzia fosse stata piena di bisticci e di sana competizione.
«Potete usare una delle stanze di sopra», mi disse Pam. «Quella a destra è completamente ristrutturata e ha un divano. O forse preferireste andare in un bar?».
Fece un occhiolino appena percettibile. Alzai gli occhi al cielo in sua direzione. Immaginavo che fosse abituata a trovare partner per gli altri tutto il giorno. Era un’abitudine professionale che ora estendeva anche a me. Dovevo solo fare in modo di ricordarle di non comunicare i miei dati all’agenzia maschile. Mi sarei goduta la mia vita da single ancora per un po’ prima di cercare un sostituto per Jason. No, non un sostituto. Un modello migliore. Superiore. Forse dopo un anno o poco più. Sicuramente non in quel momento.
Un divano al piano di sopra sembrava un po’ troppo accogliente, troppo intimo. «Conosco un bar carino dietro l’angolo. Andiamo lì».
Thorrn saltò in piedi. «Faccia strada, lass».
Non mi alzai. «Per favore, non mi chiami così. Il mio nome è Jenny».
Il suo sorriso scomparve, la sua espressione si fece cupa. «Credevo fosse un sinonimo di femmina? Ho capito male?».
«Preferirei che non mi chiamasse nemmeno “femmina”. Forse è normale nella vostra cultura, ma qui preferiamo essere chiamati per nome».
Non ero sicura del motivo per cui fossi così acida. Era chiaro che non aveva intenzione di denigrarmi. Ah. Ecco perché. Jason mi aveva trattata con sufficienza fin dall’inizio. Non avrei permesso a un altro uomo di farlo.
Mi rivolse uno sguardo da cucciolo che mi ridusse in poltiglia. «Le chiedo scusa, Jenny».
«Scuse accettate. Capisco che non sia di qui». Mi rivolsi a Pam. «Saremo di ritorno tra un’ora circa. È abbastanza tempo per discutere delle pratiche di accoppiamento degli haggis scozzesi?».
Non sapevo bene perché l’avessi detto. Forse per alleggerire l’atmosfera.
Pam sbuffò una risata, mentre i tre uomini mi guardarono confusi.
«Cos’è un haggis?», domandò Jafar con curiosità. «È così che chiamate i vostri maschi?».
Lasciai la stanza prima di scoppiare in una risata isterica.